Sappiamo entrambe che le sto mentendo spudoratamente ma, ciascuna per tranquillizzare l'altra, facciamo finta di crederci.
Alle 10.15 entriamo nell'ingresso principale, saliamo le scale, oltrepassiamo la Reception e prendiamo l'ascensore per salire al secondo piano.
Qui giunte non c'è nessuna indicazione che ci faccia presumere di essere nel posto giusto, così mi affaccio nel lungo corridoio e, addocchiata sul fondo la casacca bianca di un'infermiera, la raggiungo e domando se quello è il Reparto di Chirurgia Plastica. Alla sua risposta affermativa d'istinto le chiedo del Dott. Montano, mi lancia una strana occhiata indagatrice ma non batte ciglio e si gira per entrare in una stanza a chiamarlo.
Solo allora mi sovviene che il medico mi aveva detto di fargli uno squillo sul cellulare....beh, ormai....pazienza!
Dalla sala riesce l'infermiera seguita un giovanottello alto e lampadato che, con un vago atteggiamento d'imbarazzo, ci chiede di aspettarlo in sala d'attesa....ha ragione: dopotutto non sono ancora le 10.30!
Intanto che ci dirigiamo verso la sala d'aspetto mia figlia mi chiede a bruciapelo: - Credi che abbia già compiuto i dodici anni? -
Io le lancio un'occhiataccia di rimprovero e le faccio presente che un medico giovane offre maggiori garanzie in quanto ad aggiornamento...intanto i campanelli d'allarme squillano ma sono troppo agitata per farci caso.
Poco dopo il Dott. Montano ci raggiunge e ci invita a seguirlo, per un dedalo di corridoi e giù dalle scale, fino ad arrivare davanti ad una porta al fianco della quale una targhetta identifica lo studio del Dott. Leopold Shwarz.
Il giovanotto armeggia con un mazzo di chiavi sulla serratura ma, dopo averle provate tutte senza successo, conclude che non siano quelle giuste e ci chiede di pazientare intanto che va a recuperarne delle altre.
Campanello d'allarme? No, questa volta no, sono consapevole che in un ospedale solo i medici gerarchicamente più importanti hanno uno studio proprio, gli altri godono di una sala comune che però non garantisce la sufficiente privacy per una visita, quindi non mi crea meraviglia il fatto che il Dott. Montano abbia chiesto al superiore (o all'infermiera?) le chiavi di quella stanza.
Il giovanotto torna dopo una decina di minuti, questa volta la porta si apre ed entriamo nello studio.
Ci fa accomodare e ci chiede di spiegargli il problema. Gli dico del neo che si sta modificando e m'interrompe subito con un: - Vediamolo! -
Fa sedere Nella sul lettino e lei alza la maglietta mettendo in vista la macchia incriminata.
Il Dott. Montano solleva tra pollice ed indice l'area di pelle interessata, la scruta per un attimo, poi torna alla scrivania e sentenzia - E' sicuramente da levare! - Poi pesca nella tasca quello che sembra un piccolo palmare (o è uno di quei nuovi telefonini all-in-one? Boh!) e comincia a picchiettarne lo schermo con un minuscolo stilo.
Gli chiedo se può fare una diagnosi sulla natura del neo ma non si sbilancia:
- Bisogna fare l'esame istologico dopo l'asportazione - ed intanto invita Nella ad avvicinarsi: - Vieni che ti spiego cosa facciamo... -
Mia figlia mi guarda perplessa e sembra sul punto di chiedere: -Ma è già finita la visita?- però ubbidisce e ci raggiunge.
Il Dott. Montano fruga tra le varie carte ammonticchiate sulla scrivania finchè trova un foglietto intonso e incomincia a disegnarci sopra con il pennarello, mentre spiega a Nella: - Ti facciamo un taglio a losanga intorno al neo, poi ricuciamo i lembi di pelle in modo da lasciare una piccola cicatrice che con il tempo diventerà sempre più sottile... -
Nella sembra un po' schifata dai particolari più crudi della descrizione...forse sta pensando che quello che il medico sta facendo simbolicamente a fette con il pennarello porebbe essere la pelle del suo fianco...Il dott. Montano non se ne accorge e s'infervora nel magnificare la tecnica operativa che intende seguire, apparentemente più interessato al risultato estetico che a quello curativo...è ormai evidente che, nel polispecialistico, il dermatologo non è lui...
© Rossana Radaelli-19.07.08