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Più unico che raro

Una delle primissime esperienze lavorative intraprese fuori casa (fino ad allora mi ero limitata alle ripetizioni di matematica a ragazzi poco più giovani di me!) fu quello in una piccola ditta specializzata nel confezionamento conto terzi.
Eravamo sul finire degli anni '70, l'aria era ancora satura dei fumi residui del boom economico, le grandi fabbriche lavoravano a pieno ritmo e su più turni, ma anche le aziende minori, a conduzione familiare, potevano trovarsi occasionalmente a corto di personale per aumentate richieste di produzione.

Non era difficile quindi, per giovani studentesse squattrinate par mio, trovare occupazioni temporanee, poco remunerate ma con orario limitato, in modo da guadagnare qualcosa senza trascurare gli studi...

Sì, lo so, anche oggi non mancano le occupazioni temporanee, poco remunerate e con orario limitato ma, mentre allora erano un'eccezione alla regola generale dell'impiego fisso, oggi sono diventate la norma e a contendersi i pochi posti a disposizione non sono studentesse adolescenti ma adulti laureati e masterizzati (grazie al sostegno economico di mamma e papà) che hanno titoli di studio formati da molte più parole di quanti siano gli anni impiegati a conseguirli! :-)

I tempi sono cambiati e forse certi tipi di lavoro non ci sono più...

In quella ditta d'imballaggio noi ragazze avevamo il compito di prendere da un cesto, ad uno ad uno, degli oggetti (nella fattispecie si trattava di sorpresine per le uova di Pasqua) e di farli cadere negli spazi sagomati di un nastro trasportatore che li spingeva nel cuore della macchina, dove venivano avvolti in bustine trasparenti separate poi le une dalle altre da una trancia a sigillatura termica:



La mansione era elementare, tuttavia occorreva prestare attenzione affinchè l'oggetto si collocasse perfettamente nell'alloggiamento previsto sul nastro trasportatore perchè, in caso contrario, arrivava sfasato sotto la trancia che gli si chiudeva contro danneggiandolo, bloccandosi...e interrompendo la produzione.

Probabilmente oggi questo lavoro è completamente automatizzato o forse si è spostato in altre aree geografiche, demandato a ragazzine dagli occhi a mandorla pagate persino meno di quanto lo eravamo noi....Chissà!

Sera dopo sera, le mani si muovevano in sintonia con lo scorrere del nastro trasportatore, cambiavano di volta in volta gli oggetti da imbustare e di conseguenza la lunghezza dello spazio in cui inserirli ma per il resto il movimento era sempre uguale, costante, monotono...

Quando, in seguito nella vita, mi è capitato di sentir parlare della sindrome della catena di montaggio, una condizione alienante che colpiva gli operai addetti alla produzione in serie, il pensiero è corso a quella mia prima esperienza lavorativa!

Eppure di essa conservo un buon ricordo: gomito a gomito con una simpaticissima ragazza napoletana, piena di verve ed entusiasmo, fonte inesauribile di chiacchere e facezie, le tre ore del turno serale passavano velocemente...anche se poi mi servivano almeno dieci minuti di massaggio palpebrale per riattivare la vista e liberare gli occhi dall'immagine ipnotica della scorrevole linea di caricamento!

Ecco, credo sia nata proprio in quel periodo la mia avversione verso qualsiasi genere di lavoro ripetitivo e routinario!
Per fortuna la sorte mi ha favorito regalandomi un discreto successo (si può dire senza dare l'impressione di tirarsela?) nel settore creativo, un ambito nel quale la clonazione non è ammessa ed il risultato è tanto più apprezzato quanto più è unico ed originale.

Certo, mi è capitato in svariate circostanze che mi si chiedesse di realizzare bomboniere, inviti e partecipazioni, ma sono sempre riuscita a scansare l'impegno...

Beh, non proprio "sempre"...

In effetti ho ceduto in un'occasione, l'unica in verità, quella del mio matrimonio...ma ero giovane, ingenua e tanto innamorata...

D'altra parte ho forse mai sostenuto di essere infallibile?! ;-)



© Rossana Radaelli-09.06.16