Dedicato agli utenti più giovani, che a scuola studiano i poeti contemporanei e rischiano di perdersi certe chicche del tempo che fu...
Giovanni Visconti Venosta fu un serissimo nobiluomo milanese, scrittore e cronista, che partecipò ai moti risorgimentali, fu deputato ed amministratore comunale, rivestì varie altre ragguardevoli cariche, si distinse per il suo impegno politico e diede prova in più occasioni del suo talento letterario ma.....
Anche i personaggi illustri possono a volte inciampare in qualche ma... così come capita tutti i giorni a noi comuni mortali!
Il ma... in cui inciampò il serioso Giovanni però fu uno di quelli tosti, uno di quei ma... che ti segnano per il resto della vita!
Sentite un po' cosa accadde...
Sul finir dell'estate del 1856 Giovanni si trovava nella sua residenza di campagna, a Tirano, in Valtellina. Era già piuttosto noto nei paraggi per essere uomo di cultura e fu contattato da una povera donna con un figlio zuccone il quale, a breve tempo dalla riapertura delle scuole, non era riuscito a finire un compito assegnatogli per le vacanze.
Il ragazzo avrebbe dovuto comporre una poesia sul tema delle Crociate ma non era riuscito ad andare più in là della prima quartina:
Passa un giorno, passa l'altro
mai non torna il prode Anselmo,
perchè egli era molto scaltro
andò in guerra e mise l'elmo...
La signora chiese all'istruito vicino se poteva aiutare il figlio a trarsi d'impaccio. Chissà cosa passò per la testa del nostro Giovanni alla lettura di quei primi versi: non era certo roba da intellettuali come lui! Però il maldestro incipit dello studentello deve averlo in qualche modo intrigato, al punto di non saper resistere alla tentazione di portare l'opera a compimento...
Passa un giorno, passa l'altro
mai non torna il prode Anselmo,
perchè egli era molto scaltro
andò in guerra e mise l'elmo...
Mise l'elmo sulla testa
per non farsi troppo mal
e partì, la lancia in resta,
a cavallo d'un caval.
La sua bella che abbracciollo
gli diè un bacio e disse: "va!"
E poneagli ad armacollo
la fiaschetta del mistrà.
Poi donatogli un anello,
sacro pegno di sua fe',
gli metteva nel fardello
fin le pezze per i piè.
Fu alle nove di mattina
che l'Anselmo uscia bel, bel,
per andare in Palestina
a conquidere l'Avel.
Nè per vie ferrate andava
come in oggi col vapor,
a quei tempi si ferrava
non la via ma il viator.
La cravatta in fer battuto
e in ottone avea il gilè,
ei viaggiava, è ver, seduto
ma il cavallo andava a piè
Da quel dì non fe' che andare,
andar sempre, andare, andar...
quando a pie' d'un casolare
vide un lago, ed era il mar!
Sospettollo... e impensierito
saviamente si fermò.
Poi chinossi, e con un dito
a buon conto l'assaggiò.
Come fu sul bastimento,
ben gli venne il mal di mar
e l'Anselmo in un momento
mise fuori il desinar.
Il Sultano in tal frangente
mandò il palo ad aguzzar,
ma l'Anselmo previdente
fin le brache avea d'acciar.
Pipe, sciabole, tappeti,
mezze lune, jatagan,
odalische, minareti,
già imballati avea il Sultan.
Quando presso ai Salamini
sete ria incominciò,
e l'Anselmo coi più fini
prese l'elmo e a bere andò.
Ma nell'elmo, il crederete ?
C'era in fondo un forellin
e in tre dì morì di sete
senza accorgersi il tapin.
Passa un giorno, passa l'altro,
mai non torna il guerrier,
perch'gli era molto scaltro
andò in guerra col cimier.
Col cimiero sulla testa,
ma sul fondo non guardò
e così gli avvenne questa
che mai più non ritornò.
Da allora la sua sorte fu irrimediabilmente segnata: nonostante abbia prodotto numerosi altri scritti, tra i quali anche un Ricordi di gioventù che è ritenuto uno dei migliori affreschi sull'epopea rinascimentale, Giovanni Visconti Venosta viene ricordato -se e quando, viene ricordato!- inevitabilmente associato alla scellerata poesiola...sono gli scherzi del destino, contro i quali nulla può l'umana natura! ;-)
© Rossana Radaelli-09.02.07