Come hai incominciato......come t'è venuta la voglia di dedicarti a quest'hobby?
Vi è capitato?
A me sì...e poichè di hobbies ne ho avuti, ne ho e probabilmente ne avrò ancora tanti, mi è capitato, mi capita e mi capiterà di sentirmelo chiedere innumerevoli volte!
Ma come si fa a spiegare il perchè di una cosa che non è ben chiara nemmeno a noi stessi?!
La mamma racconta che già a 3-4 anni si sarebbero manifestati i segni premonitori della mia futura predisposizione: dice che rigiravo il cibo nel piatto per costruire bislacchi personaggi...rondelle di zucchine al posto degli occhi, piselli come narici, un fagiolino ricurvo per la bocca....tenuto conto che non ero una bimba inappetente e mi piacevano persino le verdure (marziana!) credo che ciò possa testimoniare come, in taluni di noi, la voglia di pasticciare sia scritta nei cromosomi...che volete farci?!
Non saprei dire se la collocazione temporale effettuata dalla mamma sia esatta.....dato che l'abitudine di rielaborare artisticamente il cibo la coservo tutt'ora ;-)
I miei ricordi personali sui prodromi della chiamata alle arti risalgono ad un periodo successivo....
Ricordo certe mattine d'estate, nel periodo della villeggiatura, quando accompagnavo il babbo a pescare, sulle sponde del torrente che scorreva nei pressi della casa affittata per le vacanze: mentre lui armeggiava con ami, esche e mulinello, io passavo il tempo raccogliendo sassolini sul greto.
Li sceglievo in base alla forma e al colore, cercando d'immaginare come avrei potuto utilizzarli...
Ogni tanto papà trovava un posto "buono", come lo chiamava lui, e credo che intendesse un posto all'ombra, ben ventilato, dove c'erano un vecchio tronco caduto o un grosso masso sui quali potersi sedere, perchè i posti "buoni" erano tutti fatti così....
Allora ci si fermava un po' più a lungo e, mentre lui restava a sorvegliare la pallina di plastica colorata che galleggiava nella pozza, attento a coglierne il benchè minimo movimento nella speranza che un pesce abboccasse all'amo, io iniziavo a legare ed imbrigliare con il filo da pesca i ciottoli più carini per trasformarli in ciondoli da appendere al collo o da appoggiare di traverso sulle orecchie.
Quando si rientrava a casa, qualche ora più tardi, papà rovesciava il contenuto del canestro nel lavandino, la manmma recuperava i pochi pesci per portarli in regalo alla vicina -in famiglia non erano un alimento gradito- e io mi dedicavo finalmente al frutto della mia pesca personale: lavavo i sassi con il detersivo per i piatti, per togliere l'odore del pesce con il quale avevano condiviso il mezzo di trasporto, li facevo asciugare al sole, lucidavo i più piccoli e variopinti con il Vernidas, dipingevo con le tempere quelli più grandi per farli diventare dei fermacarte (sebbene allora non conoscessi nessuno così ricco da avere una vera scrivania sulla quale appoggiarli!) saldavo fra loro, con l'aiuto del Bostick, quelli di misure intermedie per fabbricare delle statuine di buffi animaletti...
Credo però che l'episodio decisivo....o perlomeno quello più consapevole della mia presa di coscienza su ciò che avrei fatto nella vita, risalga a qualche anno dopo e precisamente al Natale dei miei dodici anni in occasione del quale ricevetti contemporaneamente due fantastici regali: il primo fu la valigetta da pittore, una cassettina di legno a più scomparti che conteneva tutto l'occorrente per dipingere ad olio...dopo anni di matite colorate, acquerelli e tempere ebbi l'improvvisa ed inebriante sensazione di essere diventata grande!
L'altro fu il gioco del piccolo chimico...in realtà il regalo non era indirizzato a me bensì a mio fratello -era considerato un gioco "da maschi"- però con la scusa della supervisione da sorella maggiore, ero io che dirigevo gli esperimenti! E che divertimento era mescolare le sostanze nelle provette con i reagenti, vederle cambiare colore o gonfiarsi o cristallizzarsi...
Questo gusto per la sperimentazione credo stia alla base di tutto ciò che ho intrapreso nella mia lunga carriera di pasticciona!
Quando mi capita di accennare ai miei trascorsi scolastici, di impronta decisamente tecnico-scientifica, noto una certa perplessità nell'interlocutore, quasi che il connubio creatività-scienza sia ritenuto inverosimile ed inaccettabile; non vi dico poi delle occhiatacce che mi lanciano se mi scappa detto che mi piaceva persino la matematica...
Eppure siamo tutti d'accordo che alla base della creatività ci deve essere una dose abbondante di fantasia: occorre saper vedere ciò che gli altri non riescono nemmeno ad immaginare!
E allora ditemi: quali esseri più fantasiosi e creativi conoscete dei matematici, dei fisici, degli inventori in genere?
Pensate al teorema di Pitagora o a quelli di Euclide, pensate al principio di Archimede o ai numeri di Fibonacci....come potevano arrivarci, con i pochi mezzi a disposizione, con le scarse conoscenze dell'epoca, con tutti i conti fatti a manina, se non avessero avuto fantasia e creatività?!
Pensate a Leonardo Da Vinci e alle sue macchine volanti...pensate ad Albert Einstein e alla relatività...pensate a Stephen Hawking e alla sua teoria sui buchi neri, che ha dovuto confutarsi da solo perchè nessun altro era in grado di farlo!
E se l'aver menzionato questi illustri esempi di creatività vi sembra un presuntuoso tentativo di rapportarsi ad essi....beh, allora avete scoperto una delle caratteristiche fondamentali che sono richieste ai creativi "di mestiere": la fiducia in sè stessi.
Per fare qualcosa d'innovativo bisogna crederci ma per proporlo agli altri in modo convincente...bisogna crederci ancora di più! ;-)
© Rossana Radaelli-07.10.06