Il bene più prezioso

Qual'è il bene più prezioso per noi esseri umani?
Nel corso degli anni e attraverso gli avvenimenti che mi hanno condizionato la vita è capitato spesso che mi ponessi questo quesito, trovando di volta in volta soluzioni diverse o......smarrendomi nell'impossibilità di trovarne!
Ho chiesto a parenti ed amici, a colleghi e conoscenti e anche da loro ho ricevuto opinioni varie ed antitetiche: la salute, la pace nel mondo, i soldi (sigh!), la felicità, l'acqua, l'amore, il petrolio (ri-sigh!), la serenità, la casa, la famiglia....

Qual'è la cosa più importante, cos'è che conta davvero?

Nel mezzo del cammin di nostra vita una risposta finalmente me la sono data: il tempo.
E' il tempo il bene più prezioso per l'umanità, è il tempo che ci permette di godere di tutte le altre cose che a torto o a ragione riteniamo preziose.

La salute, la pace, la felicità, gli affetti li possiamo coltivare se abbiamo tempo a sufficienza. Il denaro e gli altri beni materiali a che ci servono se non abbiamo il tempo di trarne beneficio?
L'acqua, il petrolio, le risorse naturali: solo con il tempo la scienza potrà trovare un rimedio al loro esaurirsi....

Il tempo che è tiranno, il tempo che non basta mai, il tempo che passa e non torna più.

Mai più.

Sappiamo di averne a disposizione una certa quantità ma non sappiamo quanta, sappiamo che prima o poi si esaurirà, ma non sappiamo quando....sappiamo però che, quando il momento sarà venuto, non ci saranno concesse proroghe: niente rinvii, nessun aumento di capitale...fine, punto, basta!

Non sprechiamo il tempo, non sprechiamo la vita.

© Rossana Radaelli-09.05.07


Gli stadi della malattia

Sono appena stati resi noti i risultati dello studio volto a definire il quadro clinico della sindrome decomaliaca: benchè essa, per sua natura, sfugga alle comuni regole di classificazione patologica, i terapeuti hanno individuato cinque gruppi di malati a sintomatologia ingravescente:

• DECOMALIACI SENSITIVI 
Individui nei quali la sindrome esordisce in maniera subdola e per tale ragione può essere sottovalutata finchè non sopraggiunga un episodio acuto.
La sintomatologia appare sfumata: il soggetto manifesta un aumentato interesse per il vissuto estetico, elabora fantasie in carta colorata, si fa prestare dai conoscenti le riviste di decorazione ed è vittima di episodiche pulsioni di shopping creativo, seppur riuscendo ancora a razionalizzarle in bisogni  pratici: caso tipico è l'acquisto di carta igienica a fiorellini o di tovaglioli da decoupage per la tavola domestica.

DECOMALIACI CONCLAMATI
Costituiscono il 50% dei casi documentati, la sintomatologia si accentua e il paziente fatica a nascondere ai familiari il proprio stato.
Gli episodi di shopping creativo aumentano di frequenza ed intensità ed il soggetto non è più in grado di giustificarli lucidamente.
Vengono acquistate personalmente almeno due riviste mensili di artigianato artistico.
Il paziente diviene consapevole del problema e, quando interrogato, ammette di avere un hobby.



• DECOMALIACI INSICURI-VITTIMISTI 
Rappresentano meno del 5% dei casi totali documentati, anche se è frequente la sovrapposizione di tratti della personalità vittimistica con quelli di altre patologie. La forma pura è caratterizzata da insicurezza generalizzata e attacchi di shopping creativo saltuari ma molto coinvolgenti, quasi sempre seguiti da delusium cocens.
Ritenendole inadeguate ai suoi bisogni, il paziente non acquista riviste creative e riesce a trovare momentaneo sollievo solo in manuali altamente specializzati.
Anche su richiesta diretta il paziente nega tenacemente di avere un hobby.

• DECOMALIACI EGOCENTRICI 
Rappresentano la situazione opposta alla precedente, con la quale tuttavia possono coesistere nel quadro della sindrome dipolare.
L'iperattività ornatoria, comune a tutte le forme di decomalia, è accentuata in questi pazienti che nondimeno si distinguono nettamente dagli altri gruppi per la sporadicità degli espisodi di shopping creativo: il soggetto egocentrico trova maggior beneficio nel riciclo creativo dell'usato che nell'acquisto del nuovo.
Solitamente non vengono acquistate riviste creative ma il paziente contatta spesso le redazioni per proporre i suoi articoli.
Il malato non nega di avere un hobby ma preferisce chiamarlo arte.

• DECOMALIACI FANATICI  
Sono i pazienti allo stadio terminale, nei quali la sintomatologia si accentua notevolmente e gli episodi acuti si susseguono e si sovrappongo l'uno all'altro divenendo indistinguibili.
Ogni tentativo di recupero appare senza esito: gli attacchi di shopping creativo divengono incontrollati e spesso costringono il soggetto all'attivazione di una carta di credito.
Vengono sottoscritti abbonamenti a più riviste, anche straniere, e il soggetto viene spesso sorpreso ad adescare i vicini di casa per parlare dei suoi hobbies.

Come si può intuire da  questa sintetica esposizione il panorama sintomatologico è piuttosto complesso e a volte molto sfumato così da rendere difficile la diagnosi precoce della malattia.
E' consigliabile la stretta sorveglianza dei soggetti predisposti, quelli cioè con familiarità documentata, al fine d'individuare il primitivo manifestarsi dei sintomi...

E voi, come state? Siete sicuri di non appartenere ad uno dei cinque gruppi elencati sopra?! 0_0


© Rossana Radaelli-01.05.07


Ditelo con un fiore!

Non c'è alcun dubbio: nella nostra epoca, in una società sempre più orientata alla globalizzazione, è molto utile conoscere qualche lingua straniera.
Basta dare un'occhiata agli annunci di ricerca del personale per rendersi conto di quanto venga apprezzato questo optional inserito in un curriculum vitae.....al punto che non è nemmeno più considerato un optional, un qualcosa di accessorio offerto nel bonus pack, anzi lo si dà per scontato e lo si pretende a prescindere persino per quelle mansioni che sono -almeno apparentemente!- meno coinvolte dalle problematiche legate ai traffici internazionali!

Ristorante assume lavapiatti, libero subito, automunito, gradita conoscenza inglese...

Se la necessità dell'automobile è legittimata da orari di lavoro che pregiudicano la possibilità di usufruire dei mezzi pubblici, come la mettiamo con la storia dell'inglese?
Uno sguattero che mastichi il francese sarebbe probabilmente avvantaggiato nella rigovernatura dei piatti della novelle cousine...ma l'inglese che c'entra?!
Niente, naturalmente, ma visto che il mercato del lavoro è quello che è e che il dislivello tra la domanda e l'offerta ha assunto le proporzioni di un abisso, perchè non pretendere qualcosa in più?...Tanto si può scegliere...

Come possiamo fare per non restare tagliati fuori? Semplice: ci adeguiamo, ci pieghiamo anche noi come le canne al vento di deleddica memoria per adattarci alle leggi del mercato...vogliono che impariamo le lingue? E allora le impareremo!

Ma poichè noi siamo quelli creativi -ricordate?!- cercheremo di essere innovativi anche in questo frangente!
Lasciamo perder l'inglese, dunque, che è troppo inflazionato, e anche il francese che è roba da snob...lo spagnolo poi è troppo simile al dialetto veneto per essere speciale e il coreano ci può essere utile solo per visitare i siti delle doll makers...se vogliamo essere originali è il linguaggio dei fiori che dobbiamo imparare!
Altro che l'esperanto, è il linguaggio dei fiori il vero idioma universale, quello che, associando ad ogni fiore un concetto, abbatte le barriere grammaticali e fonetiche permettendoci di comunicare con qualsiasi individuo al mondo!

E se lo impareremo si spalancherà davanti noi anche una serie infinita di opportunità d'impiego: cerimonie pubbliche e private, compleanni, battesimi, matrimoni, funerali, feste di laurea, congressi e convegni, la festa della mamma, il pensionamento della collega...tutte occasioni nelle quali è d'obbligo l'omaggio floreale e dove, per non fare brutte figure, sarebbe altamente gradita la conoscenza del linguaggio dei fiori!

Naturalmente i figli degli hippies, nati nei mitici anni '70, in quanto nipoti dei fiori, saranno avvantaggiati nell'apprendimento...dopotutto il sangue non è acqua!
Ma non temano gli altri perchè il linguaggio dei fiori non è difficile da imparare e Internet, come sempre, ci viene in aiuto: ci sono siti che ci offrono la traduzione parola per parola....ops volevo dire fiore per fiore, del significato recondito celato dietro ogni petalo: http://www.consegnafiori.com/significato_dei_fiori.htm

E ce ne sono altri che, come in un comodo dizionario bilingue, ci indicano a quale fiore possiamo far corrispondere un determinato sentimento o una certa emozione: http://www.dilloconunfiore.com/curiosita/significato.htm
E quando avremo imparato potremo aggiungere anche noi quel quid in più nel nostro curriculum.....

Resta da risolve un piccolo problema pratico: fare in modo che ci capiscano....eh sì, perchè se chi riceve l'omaggio floreale non è a sua volta a conoscenza del linguaggio dei fiori tutti i nostri sforzi saranno vanificati! ;-)

© Rossana Radaelli-29.11.06


Bambini e formaggini

DecoupageIl mio primo approcio al decoupage risale a molti anni fa: avevo 7 anni e facevo la seconda elementare...
A quei tempi, prima che il pittorico o il materico offrissero nuove ragioni di vita a frotte di signore intraprendenti, carta forbici e colla erano considerati "roba da bambini", così la maestra ci faceva utilizzare spesso questi materiali per preparare i lavoretti per le tradizionali feste che si avvicendavano durante l'anno scolastico: c'era il lavoretto per Natale, il lavoretto per la Pasqua, il lavoretto per la festa della mamma e quello per la festa del papà...si chiamavano tutti "lavoretti" indipendentemente dall'idea di partenza o dal risultato finale!

Ho ben presente dal primo all'ultimo ciascuno di quei famigerati lavoretti....oh no, non certo perchè io sia dotata di una memoria eccezionale, ma solo perchè la mamma -come sanno essere implacabili, nel loro affetto, queste soavi figure femminine!- li ha conservati tutti, a perenne memento della mia imbranataggine infantile!

Fatto sta che uno dei lavoretti portati a termine in seconda elementare fu appunto una scatola di formaggini (di quelle rotonde, dei formaggini a spicchi) che ci fecero dapprima dipingere con la tempera blu e poi decorare con figure ritagliate dai giornalini.

A onor del vero bisogna dire che a noi pargoli ignoranti fu negata la consapevolezza di precorrere i tempi e le mode: ci dissero che si chiamava collage (pronunciato collagge, con 2 g e la e finale -sob!-) e tanto dovette bastarci.

Comunque fu una faccenda molto istruttiva, dalla quale trassi due insegnamenti fondamentali:
1) i formaggini sono buoni (bisognava pure vuotare la scatola, no?!)
2) quando si passa la colla liquida sulla tempera blu asciutta, la colla si colora di azzurro (così come le dita, il banco, il grembiulino.....ma questa è un'altra storia)
Di entrambe le cose feci tesoro per il mio futuro.

© Rossana Radaelli-19.07.06