Se è americano è meglio...

Spaventapasseri e zucche, emblemi del Country PaintingE' la pittura che vien dalla campagna
in sul levar del secolo,
col suo fascio d'erba, e reca in mano
un mazzolino di rose e di viole.......
......e orsetti, zucche, galline, spaventapasseri, biscotti, ranocchie, carote, bambole, mucche, girasoli, angeli, babbi natale, api, pupazzi di neve, caffettiere, mele, nastri.....o anche frogs, teddy bears, chickens, scarecrows, cows, sunflowers, cherubs, Santa Klaus, bees, coffeepots, pumpkins, apples, ribbons, Raggedy Annie, gingerbread e snowmen...l'avete capito di cosa sto parlando?

Ma è il country painting, naturalmente, la moda del momento, l'hobby che furoreggia tra le creative italiane travolte dall'ondata di tsunamico entusiasmo proveniente, manco a dirlo, dal continente americano!

Non sarete ancora alle prese con il decoupage, spero?!
Lasciate perdere: quella è roba dell'anno scorso! Ormai è out!
Mettete da parte forbici, carte, colla e vernici screpolanti e procuratevi pennelli, sagomine di legno e flaconcini d'acrilico.

Ci garantiscono che è facile e che possiamo imparare tutti, anche quelli fra noi che credevano di essere negati per la pittura, basta che ci procuriamo i colori giusti -tutti, rigorosamente, d'importazione americana!- gli attrezzi giusti (se sono americani è meglio) e le insegnanti giuste: in mancanza di una statunitense doc (sembra che i costi di spedizione siano proibitivi) accontentiamoci di un'italiana ma assicuriamoci che abbia almeno acquisito la certificazione in una scuola yankee.

E poi avventuriamoci nel fiabesco e pucciosissimo mondo del naif made in Usa alla ricerca dell'infantile ingenuità perduta....non scordiamoci però di portarci appresso il dizionario d'inglese: tra country painting e decorative painting, tra one strocke painting e tole painting, tra primitive painting e...chenesay painting potremmo rischiare di confonderci e fare la figura dei niubbi! Eh sì, perchè non sono mica la stessa cosa: ad ogni termine corrisponde uno stile, ad ogni stile è associato il gruppo di artiste che l'hanno abbracciato e a ciascuna artista fanno capo un tot di appassionate e fedeli seguaci....non vorremmo certo esporci alla derisione di tutta questa gente!

E non fidiamoci della solita amica che sa tutto e nemmeno delle riviste specializzate che stanno spuntando come funghi -ogni giorno ce n'è una nuova!- nella vetrina della nostra edicola; non fidiamoci nemmeno della portinaia, anche se in passato si è rivelata una fonte inesauribile d'informazioni!
Se davvero vogliamo sapere la verità sul country painting e sui suoi parenti è là che dobbiamo andare...occorre che vi dica dove?

Non preoccupatevi, lo so che avete da fare, che soffrite il mal d'aereo, che non potete abbandonare i vostri pesciolini rossi...lo so e siccome sono gentile, premurosa e golosa di clic ci andrò io per voi!
Aspettatemi: faccio un salto in America (virtuale, virtuale!) e torno a riferirvi.....

© Rossana Radaelli-25.09.06


Shopping creativo

La mitica Barbie, maestra dello shoppingQuando si parte all'arembaggio di un'attività artistica lo si fa spesso spinti dall'impulso del momento, magari perchè si sono visti i materiali necessari esposti nella vetrina di un negozio e si è avvertita la voglia di provare.....quante volte mi è capitato di comperare dei gingilli strani, senza avere la più pallida idea della loro funzione, in uno di quei supermercati del fai-da-te, gli unici posti dove si può guardare e toccare tutto senza essere assillati da un commesso zelante -e inopportuno!- che ti chiede se può aiutarti.....

Se il ragazzo è carino ti verrebbe voglia di essere sfacciata e spiegargli in "cosa" può aiutarti e tralasci di farlo solo per non abbassarti ad usare gli stessi metodi che secoli di battage maschilista ti hanno abituato a detestare; se non lo è (carino o ragazzo) lo lasci perdere e ti cerchi un altro negozio dove siano meno assillanti e ti permettano di sbagliare le tue scelte in santa pace.

E a chi mi obbietta che acquistare qualcosa che non si sa bene a cosa serva è un atteggiamento poco giudizioso, rispondo: e chi l'ha detto che per dedicarsi ad un nuovo hobby occorra essere giudiziosi?
Se così fosse gli hobbisti sarebbero un gruppetto molto ristretto di persone!

E poi dove lo mettiamo il gusto della scoperta, del cercare di capire da soli l'utilizzo di un determinato aggeggino, del riuscire a farlo funzionare ed essere utile ai nostri bisogni...per poi scoprire che magari l'avevano inventato per tutt'altro scopo?!

Lo shopping creativo è l'apoteosi dell'ingegnosità personale...lasciamo alla povera Barbie, schiava delle convenzioni e della sua immagine di perfect-girl, lo shopping ponderato, mirato all'abbinamento rigoroso di scarpine-alla-moda-abitino-alla-moda-giubbettino-alla-moda-borsettina-alla-moda...

Noi siamo creativi, che diamine!

© Rossana Radaelli-15.09.06


Indovina indovinello, non è questo non è quello...

Ho conosciuto il signor Luigi molti anni fa, quando l'altered art si chiamava ancora riciclo creativo ed era appannaggio di pochi individui bizzarri che, anzichè rifornirsi nei normali negozi di bricolage preferivano visitare le cantine e le soffitte di amici e conoscenti, alla ricerca della materia prima sulla quale lavorare... senza peraltro disdegnare qualche sporadica puntata tra i bidoni della spazzatura, presso i quali, in epoca precedente alla compartimentazione dei rifiuti solidi urbani, la gente depositava proprio di tutto!

Il principio che animava questi pionieri era uno solo: ridare una nuova vita a ciò che il senso comune giudicava inutile e privo d'importanza.

Non come adesso, che si vedono tante signore e signorine, in jeans firmato e All Stars, aggirarsi tra le bancarelle dei mercatini dell'usato alla ricerca del loro pezzo da salvare...no, no ragazze: se lo comprate non vale! Non è così che funziona l'altered art!

Il dogma fondamentale del riciclo creativo esige che l'oggetto da recuperare sia del tutto privo di valore, che sia uno scarto, un rifiuto, qualcosa che i comuni mortali butterebbero via....

Guardate cosa è stato capace di fare il signor Luigi con.....già con cosa?
Vediamo se indovinate cosa ha tirato fuori dal sacchetto della pattumiera per realizzare questo cofanetto...




Cofanetto realizzato con i bastoncini del gelato



...e questi portamatite:



Barattoli portamatite realizzati con i bastoncini del gelato



Avete indovinato?...Si?...No?
Beh, non posso sentirvi quindi per non lasciarvi a macerare nel dubbio ve lo dico io: sono tutti bastoncini del gelato, quelle insignificanti, insulse, banalissime asticciole che buttiamo via subito dopo aver mangiato il gelato che ci sta sopra....geniale, vero?!
Ah, dimenticavo: il signor Luigi ha tanti nipotini golosi e il mese di luglio qui da noi è stato molto caldo....

© Rossana Radaelli-01.09.06


La prozia tredicenne

Una bimba con un gomitolo e dei ferri da calza: passatempo e gioco dei tempi andati!Era nata agli inizi del secolo....no, non questo ma quello appena trascorso, e per quanto possa scavare a ritroso nei miei ricordi infantili, me la ricordo comunque e sempre già anziana: una vecchierella piccola e minuta sempre sorridente, sempre allegra, sempre affettuosa.
Era la zia di papà e di lei avevo sentito dire in famiglia che a tredici anni aveva avuto i brüt fever, le febbri maligne, ed era rimasta menomata, dicevano che era "diversa", che non era come gli altri......

Certo che non lo era!

Quante altre signore ultrasettantenni avete visto giocare a nascondino o a saltare con la corda insieme ai nipotini?!
Quante altre avete sentito ridere dei loro acciacchi stagionali, degli occhiali che sono costrette a portare, della dentiera che non è capace di masticare come i denti di prima?!
L'adoravo!
E i periodi che trascorreva ospite della nostra casa, a Pasqua, a Natale, durante l'estate, erano per me una vacanza nella vacanza perchè con la sua inesauribile vivacità portava lo scompiglio nella routine domestica e risollevava il morale a tutti noi.
Ci insegnava, senza saperlo, a godere delle piccole cose di tutti i giorni, quelle cose che troppo spesso diamo per scontate, così abituati alla loro presenza da non vederle nemmeno più: il frullatore per fare i frappè, lo scaldino elettrico, persino il mangiaodori profumato! Tutto era nuovo, divertente e meraviglioso ai suoi occhi di vecchietta tredicenne!

E' stato durante un'estate particolamente afosa, quando il caldo del primo pomeriggio ci dissuadeva dall'avventurarci fuori, che le ho chiesto d'insegnarmi a fare i centri.
Non so se era per abitudine, non so se era per l'incapacità a restare inattiva o piuttosto per mantenere la promessa di una consegna, ma ogni volta che si sedeva, quando noi bambini guardavamo la televisione o facevamo i compiti di scuola, tirava fuori da un vecchio sacchetto di plastica da supermercato (chissà da chi l'aveva avuto, lei che al supermercato non ci andava mai?!) una manciata di aghi da calza a due punte e incominciava a sferruzzare: era così veloce che sembrava facesse finta di lavorare e se non avessi visto la trina formarsi ed allargarsi man mano, probabilmente avrei pensato che si trattava solo di uno dei suoi soliti giochi o di una ginnastica manuale per ingannare il tempo!
Quando giudicava di aver tessuto abbastanza di quella ragnatela di filo sottile, prendeva l'uncinetto e chiudeva i punti tirandoli giù da ciascuno dei ferri (che di solito erano 5 ma a volte anche di più!) poi buttava nel sacchetto quel mucchietto informe, che solo l'inamidatura e la stiratura con gli spilli avrebbero fatto diventare un vero centrino, e ricominciava da capo...

Alla fine del periodo che passava da noi aveva realizzato un buon numero di centrini che, una volta tornata nella casa di riposo dove viveva, avrebbe consegnato alla suora perchè li mettesse in vendita nelle mostre della parrocchia. In cambio ne riceveva qualche tavoletta di cioccolata o delle arance, a seconda della stagione o, se il lavoro consegnato era particolarmente importante, anche una modesta mancia che riciclava a noi nipoti quando tornava a trovarci.
Sentivo la mamma e la nonna discutere di questa cosa: la mamma non avrebbe voluto che accettassimo quelle mance perchè sapeva che la prozia era più povera di noi e diceva che avrebbe potuto spendere per se stessa quel denaro; la nonna, che della prozia era la sorella, sosteneva invece che regalarci quei soldi la faceva sentire importante e felice e che l'avremmo mortificata rifiutandoli....il compromesso al quale si arrivava era che noi ragazzi prendevamo la mancia (subito stornata sul libretto di risparmio, perchè non erano tempi in cui si poteva scialare!) e quando la nostra ospite se ne andava la mamma le riempiva la valigia di pacchetti di zucchero e caffè, calze di naylon e canottiere di cotone e...qualche altro pezzo di biancheria che tralascio d'elencare per decenza....

Se ne tornava così all'istituto di provincia dove abitava e che aveva un nome altisonante Pia Casa Incurabili (con l'aggiunta, forse, di qualche titolo di santo o benefattore che non ricordo) ma che lei chiamava semplicemente casa pia con il tono di chi dice casa mia...perchè in fondo era lì che viveva da quando la malattia aveva per lei fermato il tempo, le aveva tagliato le ali impedendole di spiccare il volo verso l'adolescenza e la maturità, verso una vita "normale" come quella che avrebbero avuto le sue sorelle, verso un futuro di servetta, operaia o commessa al quale era destinata dal suo essere figlia di povera gente in tempi socialmente ancor poco evoluti...verso le preoccupazioni e le gioe, i dispiaceri, le guerre, le privazioni, i sacrifici, i sogni e i desideri.....

Un'infelice? No, non credo che lo fosse....inconsapevole, piuttosto: la vita le è scivolata addosso senza segnarla, senza cambiarla....
Di lei mi restano i tre quaderni dalle pagine ingiallite dove prendeva nota dei punti da lavorare: diritto, rovescio, accavallato...mi ha lasciato un tesoro che non sapeva nemmeno di possedere......
E il ricordo.
Di una risata allegra e un po' tremolante come un trillo di campanelle.
Di una camerata con un armadio a due ante pieno di calze di naylon e biancheria nuova, mai usata per non sciuparla....

© Rossana Radaelli-05.08.06